E andavi. A far miscela con la leva della pompa a mano. Un pernacchino espanso e forte come il rombo del mondo che gira ti portava da lei. Sotto casa sua, sul marciapiede, a fare venti milioni di baci da aver male alle guance, mentre il cavalletto grattato e sbilenco di pieghe e botti bucava l’asfalto, caldo come te.
C’era uno stile per guidare; il coccige in punta alla sella e i gomiti vicini al busto facevano per il fighetto di buona famiglia; le chiappe indietro e la braccia tese invece erano del bullo sempre pronto all’impennata. Che in sé non era nemmeno tanto facile con un cavallo e mezzo di potenza, due o tre al massimo. Dunque, il cinquantino lo tiravi su con un colpo secco delle reni e poi mettevi giù le Clarks finte da ventimila lire a stabilizzare l’impennata fino a consunzione suola. Mai una testata in terra, non si sa com’è. Oh, qualche morto sì c’è stato. «Dai, fammelo provare» e lanciato a testa bassa sui cinquantacinque/sessanta s’infilava dritto nel camioncino del fiorista. Amen.
Il casco, quello niente, manco a nominarlo. Vedevi l’integrale, in gara, sulla testa di quelli veri come Agostini o Roberts, ma era «grosso per il cinquantino». E poi faceva caldo, sempre troppo caldo. Nel cinquantino ci mettevi le mani. La chiave a tubo era una password per continuare a navigare il tuo mondo. Ci svitavi da solo la candela, sempre nera, bruciata, marcia eppure eterna. Vespa a parte, la pipetta era sempre in bella vista. Così a tiro di idiota che staccarla e infilarci dentro la carta, scopo interruzione corrente, era uno scherzo della malora.
Un amico andavi a consolarlo con il cinquantino, una foto a lei la portavi stando in sella, uno schiaffone te lo recapitavano per davvero con sole centocinquanta lire di miscela al due. E la notte i genitori a casa tendevano l’orecchio svegli, aspettando di risentire il suono rassicurante e fiacco del tuo motore in decompressione. Era tardi e non avevi neanche preso su il gettone per avvertire. Brutta storia. Ma era bello il cinquantino, che aveva l’odore, il rumore e il calore delle cose vere.
0 commenti: